Radulf volava leggiadro sopra la foresta Lattementa. Aveva bisogno di sgranchirsi le ali dopo i lunghi giorni di pioggia. L’aria frizzante della sera profumava di pini silvestri e nel cielo terso, tra gli ultimi lembi di nuvole pigre, spuntava già una impuntura di stelle.
Mila lo osservava dalla finestra della sua cameretta.
Dopo averlo salutato con la mano, gli fece cenno di scendere verso il lago Lattechiaro dove avrebbero potuto incontrarsi.
«Sai, ti invidio molto. Anche io vorrei saper volare» gli confidò la bambina, dopo essersi seduta di fianco a lui sulla riva.
«Un giorno, quando sarai più grande, ti porterò a fare un giretto. Ma le tue gambe devono crescere ancora un po’ per poter salire a cavalcioni sul mio collo, e le braccia devono essere più forti, così potrai tenerti ben stretta.»
«Ma io sono già forte» sottolineò Mila, piegando i gomiti per mettere in evidenza i bicipiti.
Radulf la guardò un po’ perplesso, poi scoppiarono a ridere all’unisono.
«Bisognerà aspettare ancora un pochino» confermò lei rassegnata. «Però quest’anno, per la festa dei ciliegi, potrò finalmente partecipare alla sfilata e portare un ramo in fiore. La mamma sta sistemando la veste che aveva indossato lei alla mia età.»
«Sono sicuro che sarai bellissima con la tunica dorata e la coroncina di fiori tra i capelli. È da sempre una delle mie feste preferite, sono anni che vedo le bambine di Frescolatte sfilare per il paese come bellissimi fiori.»
«A me piacciono tanto i fiori di ciliegio.»
«Anche a me, sono i miei preferiti insieme a quelli del cacao.»
«Come sono fatti i fiori del cacao?»
«Devi sapere che la pianta del cacao ha una caratteristica non comune che in botanica, la scienza che studia tutti gli organismi vegetali, si dice caulifloria, dal latino caulis – caule o gambo – e flos – fiore. Vuol dire che i fiori, e quindi poi anche i frutti, spuntano non solo lungo i rami, ma anche sul tronco della pianta. I fiori sono come delle piccole orchidee, lunghe circa un centimetro, con cinque petali.»
«Di che colore sono?»
«Possono essere bianchi, rosa o giallo pallido con i pistilli più scuri, color vinaccia. Dopo aver perso i petali, la parte centrale del fiore si gonfia, come fosse una pancina, dando vita al frutto, che si chiama cabossa.»
«Cabossa? Che nome strano…»
«Sai, la cabossa a me ricorda tanto un pallone da rugby.»
«Allora ha una forma un po’ allungata?»
«Esatto. Le cabosse hanno caratteristiche diverse a seconda delle varietà di cacao. Sono lunghe da quindici fino a trenta centimetri e arrivano a pesare anche 500 grammi. La scorza, cioè la buccia del frutto, è molto spessa, forte e resistente, e può essere di diversi colori. Al tatto risulta liscia o rugosa a seconda delle tipologie.»
«Ma dentro cosa c’è?»
«Aprire una cabossa non è facile. Spesso, nei paesi produttori di cacao, le persone che si dedicano alla raccolta dei frutti usano dei lunghi coltelli per spaccare più velocemente la scorza. Una volta aperta, all’interno si trova il grappolo dei semi di cacao, che si chiamano anche fave.»
«Un grappolo?»
«Sì, tutti i semi sono disposti uno vicino all’altro e sono ricoperti da una polpa bianca zuccherina che li protegge, detta placenta o mucillaggine.»
«Ma quanti semi ci sono in una cabossa?»
«Ci possono essere da venti fino a cinquanta semi e ogni seme può essere lungo da uno a tre centimetri. Sono le fave che diventeranno cioccolato.»
«Allora noi mangiano i semi della pianta del cacao?»
«Sì, i semi vengono raccolti dai contadini, di solito in secchi, per essere portati in alcuni centri specializzati dove inizia la loro lavorazione.»
Un gufo bubolò dal fitto della foresta.
«Come è tardi! Devo tornare a casa!» strillò Mila balzando in piedi.
«Scusa, quando parlo non mi accorgo del tempo che passa.»
«Mi racconterai cosa succede dopo alle fave di cacao?»
«Certo! Adesso però corri a casa.»